TENETE A CASA LE STAR DI HOLLYWOOD

La grande marcia per i diritti delle donne tenutasi ieri a Washington e in molte altre città del mondo apre ufficialmente le ostilità tra Trump e il resto dell’umanità. Era ovviamente prevedibile, ma chi si aspettava un insediamento soft, alla Reagan per capirci, sia da parte sua che da parte delle opposizioni è stato rapidamente smentito. Non condivido l’analisi che è stata però fatta di questo fenomeno, per quanto infatti queste proteste nascano con le migliori intenzioni rischiano di essere controproducenti e consolidare la poltrona di The Donald.

Che il 45° presidente degli Stati Uniti d’America abbia un pessimo rapporto con le donne non è una novità. Al netto della sua vita matrimoniale “insolita” per il puritanesimo che aleggia solitamente intorno ai candidati americani, le terribili frasi emerse a ottobre nei confronti delle donne, in un Paese poi con un enorme problema di violenze di genere basterebbero come buonissimo motivo per protestare. Il primo giorno del nuovo sito della Casa Bianca poi ha visto la scomparsa di ogni riferimento a diritti civili e di genere. Dulcis in fundo il suo vice, Mike Pence, da governatore dell’Indiana ha introdotto delle politiche ultra restrittive nei confronti delle donne che intendono abortire. Senza perderci in altri dettagli si evince fin da subito che le donne hanno tutto il diritto di essere arrabbiate e lottare per i loro diritti.

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Women’s march in Washington

Viene però subito da chiedersi come abbia potuto un uomo che esplicita queste posizioni essere votato dalla maggioranza delle donne bianche, contro una candidata, Hillary Clinton, che di certo avrebbe avuto per loro altre posizioni. Evidentemente per molte di loro le questioni di genere non sono state determinanti nella scelta del candidato. Già questo primo dato ci fa però riflettere su come lo stesso movimento femminile (scusatemi, non so come meglio chiamarlo) sia stato poco importante nel momento in cui contava di più: le elezioni. Vi è già dunque un problema di tempismo, perché non si è provato a organizzare queste proteste quando potevano servire a qualcosa di più? Manca un leader, il che non è per forza qualcosa di sbagliato, ma se è vero che la protesta ha milioni di voci, se si vuole fermare i repubblicani più oltranzisti serviranno dei volti dietro cui schierarsi.

I volti a cui consiglierei di non farsi troppo notare sono quelli di Hollywood. Non fraintendetemi, amo il cinema, anche quello militante e non nego che l’industria cinematografica abbia avuto un ruolo prominente –anche assumendo comportamenti censurabili– nella politica americana. La presidenza di Reagan fu la punta dell’iceberg, ma anche i numerosi endorsement a Obama aiutarono il semi-sconosciuto senatore dell’Illinois. Oggi però divi e affini, decisamente presenti ieri, dovrebbero stare a casa, per la salute dello stesso movimento.

Prendiamo ad esempio il discorso di Maryl Streep ai Golden Globe. Sacrosanto sotto molti aspetti, ma che non ha avuto altri effetti tranne che scatenare The Donald su Twitter dove, manco a dirlo, ha mostrato di non capirci troppo di cinema e recitazione. L’effetto politico è stato nullo, nonostante infatti sia stato visto da decine di milioni di persone non ha cambiato una singola opinione nei confronti di Trump. Chi lo amava prima lo ama ancora, chi lo odiava prima idem. Eppure ha fornito a Trump un fianco non indifferente per ribadire la sua battaglia contro l’establishment.

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Star e gente comune

Dagli albori della sua campagna fino al discorso d’insediamento la sua intera narrazione si è basata sulla lotta alle elites. Le star che dal palco si scagliano contro di lui non fanno che sostenere la sua retorica: il popolo è con me, l’establishment contro. Se si vuole che le future proteste riescano devono essere i cittadini americani a prenderle in mano. Quello che perderanno in mediaticità senza divi sul palco lo guadagneranno in efficacia: solo andando sullo stesso campo di Trump si può batterlo. Il muro contro muro tra lui e i media non ha portato a nulla e di certo non porterà risultati ora.

Le idee della protesta sono forti e giuste. Le donne –e anche gli uomini che in futuro protesteranno- non hanno bisogno di nascondersi all’ombra del VIP di turno che si scaglia contro il Presidente. La storia recente ci insegna che ciò non porta a nulla. La Storia invece ci racconta che quando un’idea è abbastanza forte come in questo caso e ci si pone dietro di lei le cose cambiano. Pensiamo alle recenti lotte per i diritti civili e le storiche sentenze della corte suprema: sono partite da milioni di uomini e donne, prima di tutto. Certo sono state appoggiate dai media, dalle star, da chi vogliamo, ma non si è mai permesso ai testimonial, diciamo così, di oscurare il prodotto. Si potrebbe prendere esempio…

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