Quando la politica ha rinunciato alla conoscenza?

I politici sono degli incapaci, ma sempre meglio dei tecnici che hanno rovinato l’Italia

monti

Molti condividono questo pensiero. Lo scopo di questo articolo NON è un’apologia del governo tecnico, ma è quello di capire perchè accade tutto ciò. Quando abbiamo rinunciato alla conoscenza? Da quando schifiamo chi sa più di noi? Questo è un trend che ha forse sempre riguardato la politica, ma che negli ultimi anni ha assunto un ruolo pesante nello scenario politico non solo italiano: i populismi avanzano e gli esperti perdono perchè “establishment“. L’esempio più palese è la vittoria di Trump contro la Clinton negli Stati Uniti. Il Presidente ha rilasciato due dichiarazioni settimana scorsa che provano la sua ignoranza e inadeguatezza a quel ruolo (se ovviamente i suoi provvedimenti, come quello sulla immigrazione, non vi siano stati sufficienti): [quotazione libera]

Dicevo che NATO era obsoleto, ma non ne sapevo molto a riguardo

Non pensavo che fare il Presidente sarebbe stata così dura. Molto più difficile del mio precedente lavoro

Queste frasi si commentano da sole. E non sono fake news, googlatele pure.

Spesso i populisti gridano allo scandalo e criticano gli oppositori etichettandoli come “establishment”, “radical chic” e via discorrendo. Ma cosa vuol dire populisti in realtà? A mio parere essere populista non vuol dire “essere demagogo”; il populismo è una tattica politica perché, come indica il suo nome, fa leva su ciò che è importante per il “popolo”. Ogni partito che usa tattiche populistiche fa leva sulla contrapposizione tra due gruppi “i puri” e “i corrotti”. Questi ultimi spesso sono il Governo e le Istituzioni, alcuni fenomeni come criminalità e immigrazione oppure le grandi multinazionali. Essere populista significa quindi rappresentare la realtà in modo semplicistico fornendo perciò soluzioni semplicistiche che piacciono all’istinto di qualsiasi elettore, non solo quelli meno educati e non laureati. Tuttavia queste non risolvono i problemi veri perché la realtà è ben più complessa di un semplice slogan. Ovviamente il merito del populismo è quello di riportare al centro della vita politica temi che le altre forze non vedevano come prioritari, ma, proponendo soluzione inattuabili e soprattutto senza un vero e proprio piano di sviluppo concreto, fanno più danno alla democrazia di quanto in realtà la aiutino.
Un chiarimento prima di proseguire: essendo una tattica politica, nessuna forza politica è esclusa e farò esempi su ogni schieramento politico.

Il caso Trump è palese e fornisce centinaia di esempi. Il comportamento di Trump nei confronti dei vicini, Messico e Canada, è uno di questi: tralasciando la questione del muro, che di per sé era un grande esempio, la rinegoziazione del trattato commerciale tra questi paesi (NAFTA) si è conclusa in niente dopo che il Presidente ha perso il braccio di ferro con i due capi di Stato la scorsa settimana. Ora il trattato è “il miglior trattato del mondo” per parafrasare il 45° Presidente degli Stati Uniti di America.

Un caso più vicino lo abbiamo in Europa nei partiti anti-Europa (non solo euro-scettici), perchè secondo loro l’Unione è la causa di tutti i mali e l’euro è un nemico. Ora, è chiaro che nulla sia perfetto: quando la crisi ci colpì nel 2008 l’Europa non aveva nemmeno delle istituzioni per poter affrontare un evento del genere, quindi è legittimo sollevare dubbi e criticare. Tuttavia, andrebbe criticata una cosa non solo con dati alla mano, ma bisognerebbe anche fornire un piano B, una soluzione. E qui i populisti cascano dal pero. Non si sviluppano previsioni economiche di alcun tipo, non si tengono in conto costi e tempi dell’operazione di uscita e tutte le conseguenze. Un esempio palese è la Brexit con i Leavers che hanno sostenuto una campagna elettorale fatta di fake news (come quella di finanziare il sistema sanitario nazionale con i soldi risparmiati) e ora il Regno Unito si trova con una bolletta da 60-100 miliardi da dover pagare all’Unione perchè sono soldi dovuti e che il Regno Unito si era impegnato a dare.

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Oppure, per restare in casa, il partito guidato da Matteo Salvini ha stilato un documento di 40 pagine: “Oltre l’Euro”, in cui spiega cosa succederebbe se si uscisse dall’Euro. Ora, capite che una cosa così complicata non può essere affrontata in sole 40 pagine. Penso che ognuno di noi possa raggiungere 40 pagine solo descrivendo le abitudini del proprio animale domestico, figuriamoci trattate le conseguenze a 360° per l’Italia, di uscire dalla moneta unica.
Personalmente ho letto il documento fino alla 23° pagina perchè, studiando economia, soffrivo a leggere tante inesattezze tutte in un unico documento. “Svalutazione e inflazione sono fenomeni non correlati“. Mi fa male persino scriverla questa cosa.
Stesso discorso si può applicare alle ricette contro l’immigrazione del medesimo partito. Ma il discorso si farebbe troppo lungo e complesso per poter analizzare ogni affermazione senza senso dei leghisti.

Ma tutto ciò non è prerogativa solo dei partiti populisti “classici”. Gli 80€ altro non erano che una mossa populista, o ancora la questione legittima difesa della scorsa settimana, ricade completamente nella definizione di “ignoranza” data prima. Anche il M5S cade ovviamente in questi comportamenti, l’esempio più recente è la proposta di legge per dare più poteri alla Guardia Costiera, poteri che però già possiede!

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Ma perchè accade tutto ciò? Quando la politica ha smesso di rivolgersi alla conoscenza? Da un lato c’è un discorso di orientamento di breve periodo rispetto ad uno di lungo. I politici sono orientati alle elezioni perchè ne va del loro posto di lavoro e se sommiamo  questo, le peculiari caratteristiche del nostro sistema politico, questo fattore è assolutamente preponderante. Dall’altro però c’è un trend innegabile, un sentimento di schifo verso coloro che studiano, verso i professoroni etichettati come venduti, casta, establishment e così via. Questo fenomeno ha origini lontane nel nostro paese ed è chiaramente legato, a mio parere, alla mancanza totale di meritocrazia in questo paese: chi è bravo non va da nessuna parte, vince solo il furbo; chi è bravo emigra e poi ci lamentiamo anche!

Però non voglio essere populista a mia volta. Quali sono le cause e come si risolve? Sono 3 i fattori che influenzano questa condotta.
Il primo è decisamente un elemento culturale, lo stesso che elogia l’evasore e condanna il bravo cittadino, lo stesso che spinge a non votare e poi lamentarsi. Noi italiani cerchiamo sempre la strada più facile per poter ottenere quello che vogliamo, fregandocene dei nostri doveri, ma sempre pronti a difendere i propri diritti, a mettere noi stessi prima degli altri e ben prima della res publica. Evasione, abusivismo, occupazioni abitative, corruzione, l’elenco è interminabile. Non vi è purtroppo alcuna soluzione a questo, come detto da Ignazio Boccia nell’articolo di ieri, alcune regioni del nostro paese si sono ormai arrese a tale aspetto, mentre in altre non fa nemmeno parte (o molto poco) del pensare comune. Dobbiamo conviverci e cercare di regolarlo e controllarlo nel miglior modo possibile, cosa che in Italia ovviamente non si fa. Noi allacciamo energia elettrica ed acqua agli abusivi condonati, facciamo accordi con gli evasori facendogli pagare 1/3 del dovuto, un imputato con abbastanza soldi può prolungare un processo fino alla prescrizione senza alcuna difficoltà, e così via.
Un secondo fattore è la mancanza di iniziativa che vi è spesso tra i giovani, troppo attaccati alla propria famiglia per tentare una strada con le loro gambe. Sicuramente questo è una diretta conseguenza dell’aspetto culturale, ma ben più facile da sconfiggere se solo ci si fermasse a ragionare un attimo. “Ho scelto questa università non perché è la migliore, ma perchè costa meno di quell’altra“. Questa è una frase che ho sentito centinaia di volte. Ragazzi la vostra famiglia esiste per supportarvi, il futuro siete voi non i vostri genitori! Spesso i giovani se lo dimenticano. Indebitarsi per studiare è investimento non un peso. Andate, investite su voi stessi ed esplorate il mondo. Solo così, con il confronto con realtà diverse e con l’intraprendenza si arriva da qualche parte. Facile a dirsi ovviamente, ma la vita non è facile a farsi, quindi bisogna muovere il culo. Non ci si può lamentare per la mancanza di meritocrazia se manca il merito in primo luogo.
Un terzo fattore è di nuovo quello politico. Decenni di inciuci illegali han distrutto quel poco attaccamento alla res publica che c’era (se mai vi è stato). Se avessimo la burocrazia tedesca saremmo probabilmente la prima economia in Europa; oggi siamo la 4° (con Brexit 3°) e produciamo il 70% nostro PIL in 5 regioni! La politica ha fatto danni enormi e questo atteggiamento di rassegnazione si è diffuso a macchia d’olio aggravando la situazione delle Regioni più gravi. Regioni che come ricordato da Ignazio ieri, si lamentano di uno Stato mancante, ma che non si rendono conto che molto ora è gestito in modo autonomo e che quindi ciò che manca viene da loro stessi, manca la loro voglia di cambiare veramente. Ed è questo sentimento di rassegnazione e rabbia che ha portato alla bocciature del referendum del 4 Dicembre, a mio parere una grossa occasione persa per l’efficientamento del nostro sistema politico e burocratico.
[A proposito, tutte le riforme costituzionali ed elettorali già pronte dei sostenitori del NO dove sono finite? Di nuovo, bocciare senza avere un piano. Bocciare per il gusto di essere contro.]

La mancanza di meritocrazia ci porta poi a respingere chi ce la fa. Chi scappando e tornando, oppure con molte fatiche rimanendo, riesce a sfondare. Briatore e Caprotti lo hanno detto molte volte: invece di ammirare ed invidiare il ricco e quindi impegnarsi per migliorare la propria situazione, lo si demonizza e disprezza. Il ricco è qualcuno da sconfiggere, uno sfruttatore, non un povero che ha smesso di esserlo. Noi vogliamo successo per noi stessi, non per gli altri, agli altri dobbiamo toglierlo perché non giusto.

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I nostri politici sono i nostri figli ed i nostri padri. Dobbiamo imparare ad educarci diversamente, ad essere intraprendenti, a riconoscere i meriti altrui, ad apprezzarli, ad invidiarli in modo positivo, ad esaltarli; dobbiamo educarci all’intraprendenza, ad investire su di noi, a prendere un rischio. Solo se impareremo ad apprezzare chi è riuscito a sfondare, chi ne sa più di noi, ad ascoltarli, a prenderne esempio, potremo crescere insieme. Non è facile, non è immediato, non è scontato, ma la vita è così quindi bisogna solo prendere di petto il problema e affrontarlo con pazienza.

Ascoltare la pancia è importante perché non si può vivere col mal di stomaco, ma le decisioni van prese di testa. Fuor di metafora, dobbiamo tendere un orecchio ai populisti, ma governare insieme agli esperti. Solo così troveremo soluzioni vere, concrete, pesate e fattibili che miglioreranno il nostro Paese.

Concludo sperando che i populisti continuino a perdere perchè, come spiegato largamente, non sarebbero capaci di governare, ringraziandoli allo stesso tempo per aver ricordato a tutti i nostri mal di pancia.

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